batté prima tredici colpi poi quattordici. La risposta era
no".
Il professore impallidì e Luisa lo interrogò con lo sguardo. Egli rimase lungamente muto, poi rispose sospirando:
Potrebbe non essere Maria. Potrebb'essere uno spirito di menzogna
.
E come si può sapere?
, fece Luisa ansiosamente.
Impossibile. Non si può sapere.
Ma e le altre comunicazioni, dunque? Non vi è certezza mai?
Mai.
Ella tacque, atterrita. Poi sussurrò: "Doveva essere così. Doveva mancarmi anche questo".
E posò la fronte sul tavolino. Il lume della candela batteva sui capelli, sulle braccia, sulle mani di lei. Ella non si moveva, nulla si moveva nella camera, tranne la fiammella oscillante della candela. Un'altra fiammella, un ultimo lume di speranza e di conforto stava morendo nella povera testa caduta sotto il colpo d'un dubbio amaro e invincibile. Che poteva fare, che poteva dire il Gilardoni? Egli vedeva prossimo a compiersi, non per opera sua, il desiderio di Ester. Tre o quattro minuti dopo si udirono passi al piano inferiore e la voce di Ester. Luisa, lentamente, si alzò.
Andiamo
, diss'ella.
Bisognerebbe forse pregare
, osservò il Gilardoni, senza muoversi. "Bisognerebbe forse domandare agli spiriti se confessano Cristo."
No no no no no
, fece sottovoce Luisa, negando, anche con la mano, ostilmente. Il professore prese la candela in silenzio.
Ritornando a Oria Luisa salì al cancello del Camposanto. Vi appoggiò la fronte, gittò verso la fossa di Maria un soffocato addio e ridiscese. Giunta sul sagrato andò ad affacciarsi al parapetto, guardò giù il lago addormentato nell'ombra.
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