Ci vollero cinque minuti per l'albero della canfora, presso l'entrata. Luisa ci soffriva, temeva che lo zio si stancasse troppo e si stancava moltissimo ella stessa di dover guardare tante piante, udire tanti nomi latini e volgari, fare attenzione allo zio, mentre i suoi pensieri avrebbero voluto silenzio e solitudine. Il giardiniere propose di salire al Castello di Nettuno. Lo zio avrebbe desiderato veder da vicino il liocorno dei Borromei che s'impenna lassù, ma c'erano parecchi scalini a fare, l'aria era pesante ed egli esitava. Luisa approfittò di quell'esitazione per chiedere al giardiniere dove avrebbero trovato un sedile. "Qui sotto", rispose colui, "a sinistra, sulla piazza degli Strobus." Lo zio si lasciò persuadere a discendere su questa piazza degli Strobus.
Era stanco ma non tralasciava di guardar tutto e d'interrogar su tutto. Avviandosi verso gli Strobus udì venir da lontano, dalla parte dell`Isola Madre, un rullo di tamburi e ne domandò al giardiniere. Erano i tamburi della Guardia Nazionale di Pallanza, che faceva gli esercizi sulla riva. "Adesso si fa per giuoco", disse il giovinetto. "Mica per giuoco, ma insomma...! Il mese venturo faremo sul serio. Dobbiamo dare una lezione a una bestia grossa. Eccolo là, quel mostro." Il mostro era il vapore austriaco da guerra Radetzki, detto dai riverani piemontesi Radescòn. "Entra adesso nel porto di Laveno", disse il giovinetto. "Viene da Luino. Vengano qui se vogliono vederlo bene."
Lo zio sapeva di non avere occhi bastantemente buoni e sedette sul primo sedile che trovò sotto gli strobus, posto a ridosso di una macchia di bambù e fiancheggiato da due altre macchie di grandi azalee.
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