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      Dietro ai bambù, fra i grossi tronchi distorti degli strobus, si vedeva tremolare lo specchio delle acque bianche fino alla lista nera delle colline d'Ispra. Il cielo, fosco a settentrione, era chiaro laggiù. Luisa e il giardiniere andarono fino al cancello stemmato che guarda la verde Isola Madre, Pallanza e il lago superiore. Luisa si affacciò alla gran distesa delle acque plumbee, incoronate di colossi nebbiosi dal gruppo del Sasso di Ferro sopra Laveno ai monti di Maccagno, alle nevi lontane della Spluga. Del Radetzki si vedeva più il fumo che il corpo. I tamburi di Pallanza rullavano sempre. Lo zio Piero chiamò il giardiniere e Luisa andò ad appoggiarsi al parapetto di fianco al cancello, presso il tasso che sale dal ripiano inferiore. L'albero le toglieva la vista del chiaro levante; ella era contenta di esser finalmente sola, di riposar i suoi sguardi e i suoi pensieri nel grigio delle montagne lontane e delle acque immense. Il giardiniere tornò dopo un momento per mostrarle le gialle acacie fiorite e le eriche bianche del ripiano inferiore, pure fiorite. "Le bruyères blanches portano fortuna", diss'egli. Vedendo che Luisa, distratta, non gli badava, si allontanò verso la serra delle begonie. "Vecchio strobus", diss'egli parlando forte per farsi udire dai forestieri, ma senza voltarsi. "Vecchio strobus colpito dal fulmine. Se vogliono veder il giardino privato..."
      Luisa si alzò e andò a prender lo zio per dargli il braccio se ne avesse bisogno. Il giardiniere che stava aspettando presso l'entrata del boschetto di lauri, vide la signora muovere verso il signore seduto, affrettare il passo, precipitarsi con un grido sopra di lui.


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Piccolo mondo antico
di Antonio Fogazzaro
pagine 421

   





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