Il suo pensiero corse alla cameriera toscana. Era lei, forse, che aveva scritto, che offriva i fiori. Nè volendo nè disvolendo mosse lentamente la mano, tolse le violette di su la lettera e restò con la mano in aria, tutto amaro di vergogna.
Non era una lettera, era un cartoncino e aveva due sole parole di pugno della marchesa Nene:
17 marzo.
Piero Maironi ed Elisa Scremin, la donatrice del portafoglio, si erano fidanzati il 17 marzo 1882 e ogni anno la marchesa Nene, con un delicatissimo, poetico pensiero, aveva silenziosamente ricordato così a suo genero il giorno felice, diventato giorno di lagrime. Ora, per la prima volta, il 17 marzo era giunto senza ch'egli ricordasse. Neppure le viole glielo avevano rammentato. Dio, e aver pensato che venissero dalla cameriera! Ne chiese mentalmente perdono alla riverita vecchia signora con uno slancio che subito gli mancò nella morta sfiducia montante dal fondo dell'anima. Si coricò senza pregare, covando un disordine di sentimenti informi: umiliato amor proprio, cruccio di non sentirsi alcuna dolcezza della vittoria materiale sulla tentazione, rancore sordo contro Iddio che taceva, dubbi che il suo lottare con la natura fosse inutile e stolto, dubbi di essere un miserabile schiavo inconscio di pregiudizi religiosi e morali impressi dagli altri, e per sempre, nella sua molle coscienza infantile, terrore e rimorso di questi dubbi, propositi di lottare ancora. Poi, chetati alquanto i moti incomposti dell'animo e successovi un lieve sopore, gli risalì nell'ombra interna del capo e gli fugò il sonno l'immagine più e più viva della donna che si era offerta, degli occhi vitrei, parlanti e brucianti.
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