Cacciò la visione voluttuosa, la richiamò, la respinse ancora con più molle difesa. Ebbe, con un gran batter del cuore, l'idea che un velo denso e molle si stendesse lentamente sopra di lui, chiudesse il cielo. Ebbe il senso di una liberazione, di un'ebbrezza saliente dalla terra calda, di un abbandono, di un'amorosa estasi in cui tutta la più occulta parte dell'esser suo, una magnifica potenza intatta di passione, di gioia e di follia gli sarebbe scoppiata dal cuore, dal pensiero, dai sensi. Diverse forme gli lampeggiavano nella visione interna: l'ardita cameriera bionda, la bella signora Dessalle, incontrata un giorno in ferrovia, dai grandi occhi bruni che tanto lo avevan guardato, e altre ancora, cui egli si foggiava con violenza in una forma sola, in un essere solo, creandole di sè con un pensato magico bacio fra l'orecchio e il collo, creando nella cameriera come nella dama, con irresistibile impero, la donna voluta da lui, animando della propria sua fiamma la donna da lui uscita e da riaspirare in sè. Balzò a sedere sul letto. Nel silenzio della notte, nel lume tremante della candela le stesse cose intorno a lui parevano guardarlo attonite. Scese, aperse la finestra, bevve l'aria fredda, scura e muta.
Ore dalla torre di città: una, due. Silenzio. Ore dalla prossima chiesa: una, due. Paiono voci tristi e gravi che si scambiano un lugubre saluto claustrale: memento. Altre voci solenni, vicine, lontane, nell'interno stesso della casa, ripetono: una, due: memento. Maironi si fece macchinalmente il segno della croce, mormorò macchinalmente: "Et ne nos inducas in tentationem sed libera nos a malo, amen".
| |
Dessalle
|