Sentì la preghiera cader senza eco nel mistero vuoto e sordo, giunse le mani, chiamò a sè, quasi per un cieco istinto, due persone non conosciute mai, immaginate in diverse forme infinite, talvolta dimenticate, talvolta desiderate intensamente, strette a lui dal più tenero affetto, ma impedite di rispondere al suo richiamo, dormenti l'ultimo sonno nel povero camposanto di Oria in Valsolda: "Madre mia! padre mio!".
Si ricordò di avere una lettera urgente a scrivere, volle farlo subito. Si trattava di rispondere a monsignor De Antoni, canonico del Duomo, ch'era venuto il giorno prima da lui con una missione segreta di S.E. il Vescovo. La maggioranza clericale del Consiglio, uscita dalle recenti elezioni, avrebbe corso pericolo di vita se non metteva alla luce il giovane sindaco da lei concepito. Questo frutto restìo del suo seno era Piero Maironi. Le pratiche fatte presso di lui prima dell'elezione non avevano approdato; Maironi non voleva saperne, l'aveva dichiarato a monsignor De Antoni. Il mansueto monsignor De Antoni a forza di spiccicare durante le sue proteste dei vischiosi "ben, ben, sissignor, sissignor", a forza di sorrisetti, di contorcimenti, di blandi "ho capito" e di vispi "facciamo così" aveva ottenuto una proroga alla risposta definitiva. Ora Maironi era impaziente di sbarazzarsi del tutto. Se si era lasciato portare dagli amici per disciplina di parte e anche per un desiderio indefinito di moto e di lavoro, non voleva però, nuovo agli affari, esser posto a capo dell'amministrazione comunale in un momento difficile, in cui la sua inesperienza poteva costar cara al partito e più al pubblico.
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