Udito quell'esordio, pensò: "Ci siamo" e rispose: "Figurati!".
Bene, ecco, due cosecominciò Zaneto lentamente, guardando in terra e spremendosi a più riprese, dalle guance con la mano sinistra, le parole che parvero colar vischiose dalla bocca: "due cose".
Aperta così la vena del discorso, alzò gli occhi, non però in viso al suo interlocutore, e parlò un poco più fluido:
Sono venute da me alcune persone del tuo partito. Dico del tuo partito perchè forse le mie idee... sì, dico, non so... insomma per intenderci meglio. Persone ottime e anche, dirò, autorevoli. Sì sì, autorevoli. Desideravano che io ti persuadessi ad accettare l'ufficio di sindaco. Io ho risposto che parlerei per riferire, semplicemente. Dicono...
Qui la voce di Zaneto cambiò, prese l'accento caricato di chi ripetendo parole altrui, vuol fare intender chiaro che parla così un altro e non egli.
Dicono che sei indicato per la posizione sociale, per la votazione stessa, che nessun altro sindaco è possibile fuori di te, che se non accetti è un danno gravissimo della città e così via.
Zaneto tacque un momento, poi guardò finalmente suo genero e lasciò cascare floscia floscia questa chiusa:
Ecco.
E tudomandò Piero, "cosa ne dici?"
Zaneto si fece un po' scuro, prese un'aria di Sibilla restìa e dopo aver taciuto alquanto rispose con insolita risolutezza:
Dispensami!
Eh no!
rispose il giovane ironicamente, volendo pur aver ragione di tanta diplomazia.
Perchè dispensarti?
Zaneto fece un gran gesto silenzioso, menò il braccio destro in aria, sorrise come per dire "cosa serve?
| |
Zaneto Zaneto Piero Sibilla
|