Era una busta di carta pergamena, leggermente profumata di violetta, con questo semplice indirizzo: - Signor Maironi - a caratteri grandi e sicuri. Chi l'aveva portata? Un cameriere dei forestieri di villa Diedo.
Piero aperse e lesse:
Signore, Un tale Pomato ci si è offerto per giardiniere asserendo di essere stato lungamente al Suo servizio. Mi permetto di chiederle, a nome pure di mio fratello, ch'è assente, qualche informazione circa l'abilità e l'onestà di quest'uomo. Gradisca le mie scuse per l'incomodo che Le reco.
Jeanne Dessalle
P.S. Sono in casa il lunedì e il venerdì dalle cinque alle sette.
Federico domandò se vi fosse risposta. Maironi tacque, assorto nelle due righe discrete, significanti del poscritto. Egli aveva viaggiato due mesi prima in ferrovia con una giovane signora elegantissima, dai lineamenti molto spiccati, ma bella, dagli occhi grandi, intelligenti e dolci che troppe volte si erano incontrati con i suoi e gli erano poi rimasti parecchi giorni nel cuore. La signora era discesa con lui e nello staffiere in livrea che ne aveva preso la valigetta egli aveva riconosciuto un antico domestico di casa Scremin, passato al servizio dei Dessalle. Adesso i due grandi, intelligenti, dolci occhi gli si erano riaperti nel cuore.
Risposta?
diss'egli, guardando ancora il poscritto. "No, adesso no." Ma poi, quando Federico era già uscito, lo richiamò: "Aspetta, sì, c'è risposta". E scrisse:
Signora,
Il Pomato fu veramente al servizio del marchese Scremin, mio suocero. Lo credo abile.
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