Era un nobile viso dove le linee maschie delle ossa inferiori e il grande arco del naso compievano degnamente, per così dire, l'alta parola della fronte ampia, solenne; e gli occhi scuri, vivi, dolci austeramente, pronti a colorarsi di ogni baleno, di ogni fiamma, di ogni ombra dello spirito, dicevano la calda purezza interna, la soavità recondita di quella parola così maestosa.
Ora scintillavano veramente, perchè don Giuseppe aveva conosciuto in Valsolda, prima del 1859, standovi ospite di certi suoi parenti, Franco e Luisa Maironi, i genitori di Piero; e godeva sempre di veder Piero che gli ricordava quelle elette creature, quel poetico lago romito e i giorni suoi più sereni. S'incontravano di rado. Prossimo ai settanta, solo, lontano dalla città nove mesi l'anno, don Giuseppe, che aveva un tempo frequentato casa Scremin ed era stato confessore della marchesa Nene, non ci andava quasi più. S'incontrava qualche volta con Piero l'inverno al gabinetto di lettura o fuori porta, sulle vie solitarie della collina.
Caro signor sindaco, caro signor sindaco!
esclamò tutto ridente, posando le mani affettuose alle braccia del giovane che gli stava davanti pur sorridente ma in atto di riverenza. "Che miracolo! Come mai?"
Lei è sempre stato così buono con me, mi ha detto tante volte di venire, e oggi me ne sono rammentato, ho avuto una ragione di rammentarmene.
Bene bene benefece don Giuseppe e gli venne in mente che al Municipio volessero qualche cosa da lui, forse imporgli la soma di un ufficio pubblico.
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