..."
Dicendo queste parole sorrise un poco di un sorriso tanto triste che passò il cuore a don Giuseppe. "Sì, sì" diss'egli, "tanto!" E tacque, esitando ancora a cercar consiglio e conforto per una ultima resistenza dell'umiltà sua nativa.
Mi dicaincominciò finalmente sottovoce con un albore in volto di letizia santa: "questa idea della professione religiosa, intendo che Le è venuta dal dolore, ma quando? Come ha principiato in Lei?"
Oh, don Giuseppe, non mi è mica venuta dal dolore.
No?
Il viso di Maironi, giunto dalla tempesta interna, si scompose. La voce obbediva ancora al freno, ma tremava.
No, don Giuseppe, sono un vile, non sento più nessun dolore per lo stato di mia moglie.
Don Giuseppe lo guardò, sgomentato più ancora dal disordine di quel volto che dalle parole. L'altro ripetè, a stento, con soffocata voce:
Nessuno.
Don Giuseppe aperse le braccia.
E allora?
diss'egli quasi severamente. Maironi scattò in piedi, andò alla finestra, vi stette un minuto voltando al prete le spalle che sussultavano. Quando ritornò al canapè il viso era ricomposto e la voce ferma.
Bisogna che Le spieghi tuttodiss'egli. "Avrà pazienza, don Giuseppe?" Alla protesta muta del vecchio, continuò:
Ella sa come sono entrato in casa Scremin. Sa che restai senza padre appena nato, si può dire; perchè mio padre morì a Oria delle conseguenze della sua ferita nel 1860 e io nacqui nel '59. Sa che mia madre morì, pure a Oria, due anni dopo, che mia bisnonna Maironi non volle tenermi in casa e mi affidò ai suoi parenti Scremin.
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