Il custode, che badava a veder disegnare Carlino, li richiamò: "Signori! Signori! Non vogliono vedere il refettorio?". Tornarono lentamente indietro. "Credo!" disse Maironi, con voce soverchiata dall'emozione. "Ma io non posso continuare così! E` meglio che mi allontani non da Lei sola, da tutto; da quanto posso, insomma. La seconda risoluzione era questa".
Aspettidisse Jeanne. Pregò il custode, per liberarsene, di portarle un bicchier d'acqua, diede un'occhiata a suo fratello che stava tuttavia disegnando, ritornò a Piero, gli disse: "venga!", lo trasse nella loggetta che presso il refettorio si porge sugli orti, al parapetto dell'arcata che guarda lo sconfinato piano di levante; tutto questo con prontezza nervosa e sicura.
Mi ascolti!
diss'ella rapidamente, buttandosi sul parapetto. "Lei non ha ragione di fuggirmi, non ha ragione di temermi. Lei non conosce il mio sentimento per Lei, non conosce l'anima mia. Io non vivo che per Lei nel mio interno. Ho sempre amato mio fratello come una madre, l'amo ancora con un senso di dovere materno, teneramente, direi che la mia vita esterna gli appartiene ancora tutta, che gli potrei sacrificare anche la gioia di veder Lei; ma la mia vita interna, quella che non dipende dalla mia volontà, appartiene a Lei. Se sono tanto franca e audace con Lei è perchè il sentimento mio non ha niente da nascondere, non ha niente che mi possa far vergogna, niente che Le possa fare paura e anche perchè ho una gran fiducia in Lei. Io non desidero che affetto, il resto mi fa ribrezzo.
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Carlino Maironi Jeanne Piero
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