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Parve allora che gli occhi suoi si aprissero alle cose. Lasciò Piero, prese amorosamente il braccio di suo fratello, volle vedere lo schizzo della porta, suggerì uno schizzo del colle imminente alla loggia ma da un punto di vista migliore, lo andò cercando per il cortile, si fece spiegare il motto del puteale "aestus, sordes, sitim pulso", cadde in estasi davanti al magnifico lavabo sull'entrata del refettorio, trasse Carlino nella loggetta sporgente sugli orti, gli mostrò il mare verdognolo della campagna distesa fino alle torri e alle cupole di una lontana città, umili e nere sull'orizzonte; e di là, solo di là, gittò a Maironi un'occhiata dolcissima. Voltasi poi alla scena delle logge che l'abside alta del tempio e il campanile signoreggiano, immaginò, dicendo la sua visione a voce bassa e col volto rapito, una sera di luna, un andar lento e silenzioso di monaci sotto le arcate per chiarori e ombre. Si dolse che i monaci fossero scomparsi, ma poi, guardando Piero, espresse arditamente l'opinione che non vi fosse più armonia fra l'odierno spirito cattolico e la poesia di quella solitudine. Sostenne che la presente combattività cattolica poteva bene acconciarsi a conventi fra il popolo, nelle città, ma che nessuno pensava più ai deserti, che se il cattolicismo era antiquato nello spirito, tendeva però a tutte le forme moderne dell'azione. "Ci sono sempre le anime offese, al mondo" disse Carlino. "Ci sono i solitari per natura, come io, per esempio, che sono un benedettino leggermente sbagliato.
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Piero Carlino Maironi Piero Carlino
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