Jeanne, assorta nella sua beatitudine, guardava distrattamente i motti immaginosi, attorti a sculture simboliche, sopra ciascuno degli stalli di legno che il secolo XVIII schierò alle pareti maggiori della sala rettangolare, da capo a fondo, sotto certi quadroni male ingombri di corpi enormi. Dessalle, ammirato delle imprese scolpite sugli stalli, dei motti arguti e profondi, si staccò da Jeanne, prese con sè Maironi, lo trasse da uno stallo all'altro, leggendo, commentando, ammirando a gran voce. "Aiuti me, signor Maironi!" disse Jeanne. "Carlo sa il latino." Mentre Maironi veniva bevendo nei begli occhi fissi un dolcissimo richiamo, ella, che stava presso lo stallo dov'è figurata una falce di luna, gli disse con voce oscillante: "Cosa significa completur cursu?" e quando fu a due passi, gli gittò con un lieve, rapido porger del viso la trepida parola: "Amore!".
E sorrise.
Maironi non potè parlare subito. Ella rise allora due sottili, brevi getti di riso, come getti di una vena ferita sfuggenti al pollice.
Significa...
ricominciò il giovine e voleva dire: "l'anima mia che si volge a te e tutta s'illumina, si compie nella luce tua'. Ma Jeanne lo interruppe alla prima parola: "Non importa; mi dica che mi ama! Sì? Proprio? Combini di ritornare in città con noi. C'è posto!".
Udite questo, come è bello per un pozzo!
gridò Carlino dall'altro capo della sala. "Exercita purior!"
Che vuol dire?
domandò Jeanne a Maironi, perchè il custode s'era piantato lì accosto. E udita la spiegazione osservò: "Non avrà pensato qualche frate che esercitando fuori di qui la mente, il cuore, tutte le attività buone, sarebbe diventato più puro, più sano?
| |
Jeanne Maironi Maironi Jeanne Mentre Maironi Jeanne Carlino Jeanne Maironi
|