P. Maironi
Evviva!
gridò Quaiotto. "Eclissi del sindaco!" E tutte le facce s'illuminarono, meno quella dell'uomo acido. "S'el mandava la so ciacierata un'ora prima" diss'egli scendendo le scale, "no me tocaria de magnar i risi longhi e no gavaria le scarsèle piene de braghe". "E io Le dico" gridò su Quaiotto dal fondo della scala, "che ho le tasche piene dei Suoi brontolamenti!" L'uomo acido storse la bocca, gli occhi, le sopracciglia, le rughe gialle delle guance e della fronte, forse anche gli orecchi, ma non ribattè sillaba. Gli altri non facevano che parlare a lingua sciolta degli amori del sindaco e la scala era piena di tutto che nel salotto si era faticosamente taciuto. "E cossa dise la marchesa?" "Povareta, la xe un spetro." "E el marchese?" "El se adata." "Ma sémoi proprio a sto punto?" "Mi digo de sì." "Mi digo de no." "Disela de no? I dise de sì." Le stesse cose si erano bisbigliate sulle scale, più sommessamente, prima della seduta, fra i consiglieri che s'incontrarono a salirle insieme. Così entrano bisbigliando in un cavo montano rivoletti che lo empiono di acque silenziose e queste poi traboccando insieme a valle ripigliano le chiacchiere con maggior voce.
III
I nuvoli che alle quattro pendevano sulle spettabili tegole dell'onesta casa Záupa, diedero alle sei un violento acquazzone. Tuoni, lampi, furioso vento apersero nitide da levante a ponente le vie della luna. Il principio dell'eclissi era annunciato per le undici e mezzo, e verso le undici Maironi doveva recarsi a villa Diedo per salire poi con i Dessalle sul vicino colle, dove un nastro di magnifica via serpeggia per le alture signoreggiando a vicenda, e talora insieme, l'oriente infinito e il disordinato campo d'occidente che le radici tortuose dell'Alpe ingombrano sino alla fuga obliqua dell'alte sue fronti.
| |
Maironi Quaiotto Quaiotto Záupa Maironi Diedo Dessalle Alpe
|