. Si capiva che la compagnia era salita a villa Diedo con l'elegante idea di fare una sorpresa gradita, pigliando l'eclissi a pretesto; e che Jeanne l'aveva poco amabilmente congedata. Le signorine incontrarono Maironi che saliva rasente il muro di sostegno della costa, nell'ombra. Una di esse lo riconobbe, finse di sdrucciolare e appiccicatasi di peso al braccio della povera Importanzèta minore, la fece sdrucciolar davvero, strillò con la sua vittima. Subito strillarono anche le madri, i cavalieri si slanciarono al soccorso, tutta la retroguardia venne giù sull'avanguardia come una valanga e Maironi passò.
Trovò socchiusa la porta del giardino, entrò sotto la folta carpinata di sinistra cui luceva in fondo un chiaror di ghiaia illuminata dalla luna. Da un lato della carpinata un'ombra nera scattò sul chiaror bianco, Piero si sentì stretto nelle braccia di Jeanne, n'ebbe la fronte impetuosa sul petto. Stettero così lungamente abbracciati senza una parola, egli con la bocca sui tepidi, soffici capelli di lei, respirandone l'odore; ella stringendolo forte, premendo e scotendo la fronte come per rompergli il petto ed entrarvi tutta.
Finalmente Jeanne disse piano, senz'alzare il capo, che suo fratello era fuori di città, che aveva tanto gioito di questa inattesa fortuna e poi tanto trepidato, tanto temuto; temuto di non poter star sola con lui, prima; poi quando le era riuscito di mandar via dei noiosi, temuto che egli non venisse. E gli rise sul petto un piccolo riso di gioia. Piero non disse niente, le prese il capo a due mani, glielo alzò a forza, la baciò ingordo, sugli occhi, sulle guance, sulle labbra, sempre in silenzio, Jeanne concedendosi, rendendo i baci ma senza foga.
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