Ella gli levò alfine dolcemente le mani dal collo, gli prese il capo alla sua volta, lo baciò sulla fronte come per quietargli il sangue e sussurrò: "Adesso dimmi una parola". Ma perchè il giovine, ingordo ancora, inasprito nel suo desiderio, rispondeva solamente, fra un bacio e l'altro: "Ho sete, ho sete", ella si staccò da lui, disse risoluta "basta", gli ordinò di uscire, di star fuori alcuni minuti, di suonare il campanello per riguardo ai domestici. Ell'andava ad aspettarlo sulla terrazza. Maironi obbedì, malcontento.
Cinque minuti dopo, un domestico usciva, precedendolo dalla carpinata tenebrosa nel chiaro di luna, e, alzata la impenetrabile faccia liscia di romano antico alla balaustrata della terrazza, annunciava:
Il signor Maironi.
Jeanne, ritta dietro la balaustrata, chiusa in un mantelletto bianco, rispose al saluto rispettoso di Piero: "Che bravo!" e sorrise. Piero salì sulla terrazza con il cappello in mano, con un sorriso troppo simile al sorriso di lei che gli veniva incontro. Era magnifica, nel chiaro di luna, la terrazza di marmo bianco, protesa dal piano signorile della villa, porgente lo scalone al giardino, sommersa la balaustrata nel furioso assalto del roseto, in una scarmigliata pompa di fogliame denso, di grandi occhi carnei, di lunghe frondi mobili ai fiati vagabondi della notte. Era magnifica con il suo arco di bellezza in giro alle tre fronti, via via dagli umili oscuri piani del settentrione al radiante chiarore del cielo sopra la città illuminata, al dorso dell'altura stretto fra le due carpinate lunghe, ai campi arati dormenti nella valletta del mezzogiorno, sotto la luna.
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Maironi Piero
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