Senz'accordo, senza parlare, passarono insieme dall'altro lato della via. Jeanne ruppe il silenzio, disse che a suo fratello era venuto il capriccio di dare a villa Diedo o un garden-party in giugno o una festa in costume nel prossimo inverno, per la quale sarebbe stato necessario di coprire le terrazze con ferro e vetro e perciò d'incominciar presto almeno gli studi, ch'ella vi era contraria ma che gli amici e le amiche di Carlino, con quest'idea del Tiepolo, del Settecento e dei costumi tiepoleschi e settecenteschi, gli montavano la testa persino da Firenze. Posto l'ambiente pettegolo, c'era da sperare che la festa andasse a monte come il pick-nick. Piero non parve prendere interesse al discorso. Allora Jeanne gli domandò, parlando piano perchè davanti a loro saliva una brigata di giovani e signore, se non fosse probabile che il Consiglio comunale lo rieleggesse. No, non era affatto probabile. Perchè non si credesse a un puntiglio, a un dispetto, Piero intendeva inviare al più presto le sue dimissioni anche da consigliere.
A quante cose pensa Lei!
disse Jeanne. "Io penso a una sola." "Io posso pensare quella che Lei dice" rispose Piero "intensamente quanto Lei, e posso insieme pensarne altre!"
Nel gruppo dei giovani e delle signore si discorreva di blasone. Alcune signorine, ferocemente democratiche, parlavano della nobiltà e anche della borghesia mescolata ai nobili, come di gente inferiore intellettualmente e moralmente, destinata a finire di logorarsi nell'ozio e nei piaceri, a scomparire nella rovina economica che li minacciava quasi tutti e di cui si vedevano in giro molti segni mal coperti di stemmi, di corone, di livree.
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