Ma poi Jeanne guardò Carlino, imbarazzata. Aveva carissima questa visita, ma... Chieco precorse le parole che venivano.
Niente, signora mia! Noi non siamo genterella come questi grattaformaggi di questa vostra cittaduzza, che russano laggiù nei pantani. Voi non avete a incaricarvi di farci dormire. Siete voi, bella mia, che dormite e noi siamo il vostro sogno di stanotte. Io sono venuto perchè vostro fratello mi ha detto che tiene un clavecin antico, bonissimo; e perchè voglio vedere se io posso innamorarmi di Voi e se Voi potete non innamorarvi di me. Questi altri straccioni sono del mio seguito. Ebbene, adesso si fa musica, si prendono, bella mia, se è possibile, tre o quattro tazze di tè, non tanto forte, con latte, Fusarin e Vostro fratello si consigliano sul ballo tiepolesco che darete, il mio compaesano Berardini dice un altro sacco di asinate, io faccio un poco il grazioso e sull'aurora tutto il sogno sfuma in landau verso l'oriente.
I domestici vi perdettero il sonno ma parve un sogno veramente. Le fiamme della luce elettrica brillarono nella sala grande e nelle quattro minori che la inquadrano, pure dipinte a buon fresco dal Tiepolo in onore di Omero, di Virgilio, dell'Ariosto e del Tasso. Apparvero per le pareti i grandi corpi viventi degli eroi, superbi nelle armonie del moto e del riposo; apparvero facce plebee di principi dai manti pomposi, nudità carnose e calde di principesse villane, i colonnati di Aulide, le logge di Cartagine, le tende achee, gli scogli dell'isola di Calipso e delle Ebude, sfondi nebulosi di cielo e di mare.
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