Adesso che Lei è in disponibilità... in disponibilità... si lasci vedere, si ricordi degli umili e dei derelitti. Ho a dirle qualche cosa ma con tutto il Suo comodo. Oggi vado a Roma. Ritorno lunedì, non della settimana ventura, della successiva; lunedì fra le quattro e le quattro e mezzo, se crede, mi trova certo.
La marchesa e il genero si allontanarono subito. La Soldini, infocandosi a un tratto di commozione, domandò al Commendatore se avesse notato il pallore cadaverico di Maironi. E la marchesa, invece, che aria serena! Era un vero enigma, quella marchesa! Gli amici di casa Scremin dicevano "virtù'. Santo cielo, una virtù troppo simile al gelo! Siccome al Commendatore, il quale non aveva poi notato nè pallori, nè arie serene, questo non necessario giudicar veemente di sentimenti altrui non pareva andar troppo a genio, e non gli uscivano di bocca che monosillabi stentati, così la signora mutò discorso e gli disse ridendo che le rimordeva di esser venuta in Duomo quasi più per incontrar lui che per udirvi la messa. Suo marito desiderava di parlargli e gli faceva chiedere quando avrebbe potuto riceverlo. Il Commendatore rispose, forse non tanto cordialmente: "Con piacere, con piacere". Si fermò sui due piedi, aggrottò le ciglia per un soliloquio in parte mentale, in parte espresso, per un calcolo di giorni, di ore, di sedute, di convegni, di elementi certi, di elementi probabili, di elementi possibili, dal quale ricavò, dopo qualche tentennamento, che avrebbe ricevuto il signor Soldini alle tre e tre quarti dello stesso lunedì indicato a Maironi, ossia venticinque minuti dopo il suo arrivo da Roma.
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