Detto ciò, fece un inchino umile, piantò in asso la signora che non se l'aspettava e ne rimase un po' male. L'uomo acido il quale aveva gironzato al largo non senza rabbiosi moti di sopracciglia e di mandibole, gli si fece subito incontro.
Son quagli disse il Commendatore. Ma intanto qualcuno gli sbucò alle spalle dall'imboscata di un chiassuolo, gemendo: "Comendatore, me racomando! Son Bisata, Comendatore; quelo che sona el pelittone in mi. Sperava tanto in tel sindaco Maironi, per la banda. Adesso i dise che lo farà sindaco i liberali. Me racomando una So paroleta, Comendatore!". L'uomo acido gli intimò così bruscamente di levarsi loro dai piedi che il buon Commendatore, tutto turbato al veder Bisata volgersi fosco verso l'interruttore, gli cacciò in mano dei soldi e lo congedò più benignamente che potè: "Va là, caro, va là". Ma ecco un'accattona flebile. "Lo go spetà tuta la messa, benedeto! S'el gavesse delle scarpe vecie!" Nuove escandescenze dell'uomo acido: "A sì una dona e ghe dimandè le scarpe a lu?". Nuovi allarmi, nuovi soldi e miti consigli dell'ottimo Commendatore. "Va là, cara, va là!" Finalmente l'uomo acido potè avere il suo colloquio promessogli in chiesa, nell'uscire dalla cappella. Era un accattone anche lui, chiedeva una rivendita di sale e tabacchi per certa sua parente a corto di quattrini. E chiedeva per sè aiuto in una questione col Ricevitore del Registro. "La lo fazza far cavalier quel fiol d'un can! Chi sa ch'el deventa più molesin!" Il Commendatore ascoltò tutto con santissima pazienza, chiese notizie, diede consigli, riprese sorridendo le escandescenze, scusò il R. Ufficio del Registro e venne finalmente a un quia che certo gli premeva.
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