Appena saputo della crisi e ringraziatone Iddio nel suo cuore, ebbe spavento dei paceri che si sarebbero interposti fra il sindaco e i suoi colleghi, pensò all'uomo acido e senza fiatarne con lui gli fece dire all'orecchio ch'era impensierita dallo stato degli affari Maironi, che considerava la crisi una vera fortuna per suo genero, nè sarebbe affatto riconoscente a chi cercasse di mettere pace nel Municipio: un modo questo di aizzar l'uomo a spruzzar il suo acido con zelo anche maggiore del solito. Al genero aveva parlato due volte degl'imbarazzi economici nei quali si trovava impigliato il marito. La prima volta gli aveva fatto balenare con placidezza quasi scherzosa la sua idea: un giorno o l'altro, caro te, andiamo tutti a star a "cossa xela", intendendo Brescia. La seconda volta era stata più ardita e più assurda, aveva parlato di vender palazzi e poderi, di andar a vivere a Brescia, in casa di Maironi: "E se no te voli vegner ti andaremo noaltri pori veci".
Nel dire e non dire, a modo suo, tante sottili fila di artifici santi, le ingarbugliò siffattamente che a un certo punto don Giuseppe non ne aveva capito nulla ed ella stessa vi si era avviluppata dentro a segno da togliere al suo interlocutore ogni speranza che potesse uscirne. Ella continuò invece senza scomporsi il suo discorso rotto e oscuro peggio che mai, annaspando, annaspando, spremendosi dalla gola parole che cozzavano insieme, ferma in qualche idea recondita della sua mente, cui pure voleva dire e non dire.
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