Maironi aveva fatto alcune visite al Commendatore durante il suo sindacato per consultarlo in argomenti di amministrazione o per raccomandargli qualche interesse pubblico. N'era sempre stato accolto cordialmente. Adesso era venuto a malincuore, sospettando che gli si volesse parlare di politica. Sapeva che i liberali speravano di approfittare della sua defezione dagli amici antichi e gli sarebbe spiaciuto di aver a sostenere un assalto condotto da quell'uomo tanto rispettabile e buono, al quale non avrebbe potuto rispondere così vigoroso come ad altri. E dal cedere abborriva. Ne abborriva non solamente per l'attrazione che l'idea socialista esercitava sopra di lui, ma più ancora perchè la compagnia dei liberali gli pareva sonnolenta e il programma impotente a generare l'azione intensa di cui sentiva più e più il bisogno nella inquietudine divorante dell'anima tormentata dalla più profonda scontentezza di sè, dalla impotenza dell'amore a infonderle la pace.
Il Commendatore, licenziato Çeóla non bruscamente ma tuttavia senza troppe cerimonie, sdegnando i sommessi lamenti dei propri nervi per il caffè loro negato malgrado tanti fedeli servigi, fece al nuovo venuto un'accoglienza festosissima. Andò a raccoglierlo nell'anticamera, e prima di farselo sedere vicino, gli mostrò dei libri pervenutigli di recente; fra gli altri, un trattato di trigonometria.
Vede, vede?
diss'egli. "Tu non credevi ch'io geometra fossi." Ci aveva pure Le socialisme intègral. "Questo lo conoscerà? Sogni, sogni sentimentali!
| |
Commendatore Commendatore
|