Prima parlò don Giuseppe, porgendosi tutto, tratto tratto, e sorridendo allora di un vivo sorriso al Commendatore che l'ascoltava più grave, pensava cose attinenti al soggetto del discorso e non sapute dal prete, le cose apprese dalla bocca del Soldini e del Bassanelli, che gli lasciavano poca speranza di poter corrispondere ai desideri della marchesa Nene. Egli le disse poi, queste cose. Disse anche del consiglio dato a Bassanelli, e della bizzarra pensata di costui che gli procacciava della molestia. Via, questo invocare l'azione della signora Dessalle, era in certo modo un riconoscere ufficialmente, per trarne giovamento, uno stato di cose che per nessun conto andava riconosciuto. Che ne diceva don Giuseppe? Don Giuseppe parve un poco incerto, masticò alquanto, non si spiegò bene, parendogli che in fatto non fosse opportuno di cercare quell'appoggio e insieme non volendo troppo turbare il venerato amico.
E Lei, don Giuseppe?
disse questi. "Lei che conosce Maironi, che ha conosciuto, credo, i suoi genitori, perchè non potrebbe tentar qualche cosa?"
Don Giuseppe sospirò, si passò una mano sugli occhi. "Povero me" rispose, "non so far niente, non so agire, non so parlare; una miseria!"
Il Commendatore, pur protestando, si tenne sicuro ch'egli avrebbe invece fatto qualche cosa. Tacque, però, questa fiducia.
Alloradiss'egli, "se noi non ci possiamo far niente, speriamo bene. Vedrà che adesso il Signore piglia in mano la cosa Lui."
Finalmente, liberato il campo, la Rosina entrò portando il caffè.
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