Assaporava la solitudine libera, il dolce alleviamento di un incomportabile peso di simulazione. Se Maironi fosse stato presente ella non avrebbe sentito che il piacere di venire ammirata davanti a lui per la sua bellezza, per l'eleganza, per lo splendore dell'ospitalità. Tutto gli avrebbe offerto nella sua mente questo tributo di omaggi altrui! Anche a lui assente avrebbe potuto offrirli con gioia, senza la lettera dolorosa. Così, quelle lunghe ore non le avevano dato che fatica e tedio. Mai la gente non le era parsa tanto sciocca e falsa, mai non si era parsa tanto sciocca e falsa ella medesima. Il fragore del tuono, i fruscii delle frondi, l'occhieggiare continuo dei lampi la ristoravano, con la sincerità loro, di tanto simulare e veder simulare. E piacevano a lui! Dio, che le aveva detto Bassanelli? Suo padre! In passato ella ne avrebbe sorriso; ma ora! Incominciò a piovere quietamente, silenziosamente. Si ritrasse dal balcone, aperse il cassetto dello scrittoio. La lettera era lì, presso la teca di argento dove Jeanne custodiva le altre di lui, il suo tesoro. Ne soleva rileggere qualcuna ogni sera, e il profumo di héliotrope che usciva dal cassetto aperto le ridiceva le parole dolcissime a cui era solita di ritornare. Oh non questa sera! Questa sera gli occhi suoi ritornarono alle parole tristi.
... quando udii per un momento suoni fievoli di campane grandi che parevano incommensurabilmente lontane. Venivano dall'alto e non so dire la impressione che facevano in quel gran buio, in quel gran silenzio.
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Maironi Bassanelli Jeanne
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