Che unione è stata quella di mio padre e di mia madre, quanto era dolce questo mio pensiero e quanto era amaro! Mi son sentito come soffocare, prender via dal mondo dei vivi, portar là dentro fra quelle ombre di un mondo passato.
Dovetti aprir la finestra, star lì un pezzo con le mani alle imposte, respirar l'aria notturna, sentendo la realtà delle cose presenti senza pensare a niente. Non vi erano più che due carte da guardare. Fui incerto se leggerle o no, mi pareva di essere esausto, di non poter più accostarmi a quelle reliquie con attenzione degna. Vinse un sentimento di ossequio. La prima delle due carte era di affari, molto importante, tale da poter influire profondamente sulla mia vita. Ora non è il momento di parlarne. L'altra era un foglietto aperto, con questa intestazione di pugno della povera mamma:
Parole scritte da lui per mia preghiera, un giorno felice.
Jeanne, sono brevi, ma io non le posso trascrivere. Forse lo potrò un giorno; nello stato presente dell'animo mio, tenebroso e tempestoso, non ne son degno. Non voglio dare la mia mano alla parola religiosa di mio padre e sentire che non posso darle impero nella mia mente. Il
giorno felice' era il 15 ottobre 1859. Le anime di mio padre e di mia madre si erano ricongiunte nella stessa fede, in un atto sincero di culto, nel giorno di S. Teresa, onomastico della povera nonna Rigey. Mio padre si sentiva meglio, speranze fallaci rinascevano in lui e intorno a lui; le sue parole sono soavissime e vi ho parte anch'io che stavo per nascere.
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S. Teresa Rigey
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