Alla prossima stazione il medico e Maironi scesero, si perdettero nel viavai della gente. Maironi ritornò alla carrozza cinque minuti prima che il treno ripartisse. Jeanne era sola ora. Aveva mutato posto, si era seduta nell'angolo di destra, con le spalle alla locomotiva, per la stessa ragione che le aveva consigliato di prolungare il suo viaggio fino a Venezia, per non essere veduta, possibilmente, quando egli, forse atteso da qualcuno, discenderebbe a sinistra. Era un riguardo per lui, nuovo, tristemente nuovo.
Venga venga vengadiss'ella, piano. E quando Piero le sedette accanto gli piegò la fronte sur una spalla, gli prese una mano, se la strinse al petto, dimenticando adesso, secondo la propria natura, ogni cautela, rispondendo alle prudenti rimostranze di lui con voce piena d'affanno e di lagrime: "Non importa, non importa, non abbandonarmi, non abbandonarmi, quanto male mi hai fatto, Dio, quanto male! Non senti che cosa diversa è, non senti che il tuo matrimonio, la tua unione non è, non ha mai potuto essere come quella di tuo padre e di tua madre, li amo tanto anch'io, sai, caro, i tuoi morti, tanto tanto, ma perchè devono desiderare la mia disperazione, non importa, non c'è nessuno, lasciami dire, perchè, perchè? Cosa ho fatto io a loro, povera creatura? E` mia colpa se loro sono morti e se io sono una povera creatura viva che ti ama tanto, non ama che te, non pensa che te, non vive che di te, caro amore mio, amore amore amore?..."
S'interruppe, rialzò il capo un momento, stava per cingere con un braccio il collo dell'amato, ma egli lo impedì; qualcuno entrava.
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Maironi Venezia Piero Dio
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