Le prime parole che disse, con l'aria di annunciare una novità interessante e di metterci anche della fretta, furono:
El papà ga pianto tanto, dopo, poro omo.
Piero capì subito, seccandosi di questi avvolgimenti eterni della vecchia signora, ch'ella non era venuta per apprendergli un tale avvenimento. Per verità ell'aveva indovinate le occulte cagioni dell'uscita di Zaneto sul pianerottolo della scala, temeva che di queste importunità fuori di luogo e di tempo il genero serbasse una impressione sinistra e voleva passarvi sopra la sua spugna ottimista, inzuppata di lagrime del marchese. Ma c'era di più. Pranzando, o piuttosto simulando di pranzare, perchè non toccò cibo, aveva escogitato uno de' suoi sapienti artifici per allontanare Piero, adesso che le sue disposizioni parevan buone, da villa Diedo.
Detto delle lagrime, soggiunse, nel consueto stile, che Zaneto avrebbe voluto andare ma ch'era meglio di no.
Dove andare?
fece Piero, non senza malignità. "A Brescia?"
Eh no, no! A cossa xelo, a...
La signora nominò il luogo doloroso. Piero non parlò ed ella, dopo un lungo silenzio imbarazzato, fece:
Ecco.
Piero la sentiva impigliata nelle spine di un esordio e non aveva voglia di aiutarla. Tuttavia, essendo entrato il domestico per accendere il gas, lo licenziò. Era quasi un invito a parlare. Infatti la suocera gli domandò se fosse contento.
Di che, mamma?
Del servitor.
Una risposta indifferente e un'altra pausa. Piero, tanto per fare qualche cosa, gettò nel cestino alcune buste lacerate. Allora la marchesa fece questa osservazione acuta: "Lettere.
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