Villa Diedo! E Vena di Fonte Alta? E la promessa data? Farebbe una visita di poche ore, il più tardi possibile fra quindici o venti giorni, verso la metà di luglio. Sarebbe stato più opportuno astenersene poichè il legame si doveva allentare; ma la promessa? Una semplice visita, un saluto! Sì, una semplice visita, un saluto; però l'idea di questa visita, di questo saluto, che poteva essere l'ultimo, gli tolse la voglia di fantasticare più oltre.
IV
Pensate un cornuto arcavolo mostruoso degli elefanti, invadente a muso basso l'ampia sua via, pôrto l'occipite nel sole di sotto la soma d'una piramide enorme, affondati i fianchi rigonfi nell'ombra. Così, fra le due strette valli incise dai fendenti di un dio, lo sperone che porta Vena di Fonte Alta si protende dalle radici di Picco Astore a fronteggiar con due corna il gran cavo di Villascura. Lassù nella loro cintura di abissi ondulano supini al cielo i pineti e i faggeti di Vena, macchiati di smeraldo chiaro dove il prato li rompe e dilaga, picchiettati di rosso e di bianco dove stormi di casucce si annidano. Chi li contempla dall'alto dell'obliquo alato Picco Astore o delle grandi montagne nubifere di Val di Rovese e di Val Posina, non legge il loro minuto poema squisito. Ma il viandante vagabondo per i sinuosi lor grembi si domanda se ivi non siansi amate un momento, sull'aurora del mondo, meste Intelligenze delle montagne e gaie Intelligenze dell'aria; se la terra obbediente ai loro mobili sensi non siasi composta e ricomposta intorno ad esse continuamente in talami oscuri, in alti seggi di riposo meditabondo, in scene di malinconia e di riso, di alti pensieri e di scherzi, che poi fermate al repentino sparir degli amanti abbian serbato per sempre l'ultima forma.
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