Jeanne mise il piede sopra un lastrone sporgente fra gli abissi. Piero l'afferrò alla vita ed ella si rovesciò indietro alle sue braccia, chiudendo gli occhi. La strinse a sè, la coperse, tacendo sempre, di carezze così violente, che Jeanne, atterrita, supplicò:
No, no, no!
Allora il giovine, di botto, lottando con se stesso, ristette; ella gli sgusciò dalle braccia e scavalcato il muricciuolo, saltò dalla macchia sul prato aperto.
Qualcuno saliva verso di lei e le domandò da lontano del "signor conte'. Era il vetturale piantato in asso da Piero. Il signor conte, partiva o non partiva? Perchè lui doveva partire a ogni modo. Piero cercò inutilmente di persuaderlo a restare fino all'indomani mattina. Quegli, regolato il suo conto, se ne andò. Maironi guardò Jeanne.
Dovevo partire stasera?
diss'egli.
Ella chinò gli occhi e non rispose.
Discesero in silenzio, ella seria, egli triste. Ripassando presso la fontana dei noci Jeanne lo guardò alla sfuggita come per dire: "Il principio è stato qui'. Poi non lo guardò più. Raggiunto il posto dove, per andare al Covile del Cinghiale, conveniva prendere a sinistra, esitò un momento. Prese invece il sentiero che sale verso il villino dei Faggi e di là conduce all'albergo. Non una sola parola fu scambiata fra loro fin presso al villino. Allora Piero domandò alla sua compagna se fosse proprio in collera con lui.
Non lo sodiss'ella, e lo guardò teneramente, dubitando di averlo offeso. Lo vide così turbato che si smentì subito, affannosamente:
No no, caro, non sono in collera, ti amo troppo!
| |
Jeanne Piero Jeanne Jeanne Covile Cinghiale Faggi Piero
|