Il geloso Bassanelli uscì dal salotto Dessalle, appena uscito Piero, volendo sapere dove questi dormisse e non piacendogli di domandarlo, nè a lui nè ad altri. Trattenuto un momento sull'angusta scala da una cameriera che scendeva, non vide in quale camera fosse entrato e finse di sbagliare, aperse più di un uscio prima del buono, e brontolata una scusa, entrò rumorosamente nella camera propria. Quell'appartarsi replicato di Piero e di Jeanne la mattina, e a pranzo un che d'inquieto, di febbrile negli occhi loro, certi sguardi scambiati, certe distrazioni dell'una e dell'altro, gli avevano ispirato amarissimi sospetti da vecchio conoscitore d'intrighi notturni. Era fermo di vegliare, di spiare, d'impedire.
Piero si buttò in un seggiolone davanti alla finestra aperta, alle stelle tremolanti là in faccia sopra un nero culmine di bosco, immaginando la cosa detta senza parole da labbro a labbro, sentita sull'orlo degli abissi di Rio Freddo, nello stesso sfuggirgli di Jeanne dalle braccia e poi nei suoi silenzi, nel turbamento del suo sguardo, quando lo incontrava, nelle strette di mano, nell'ultima, sopra tutto, così lunga, parlante. La cosa era fatale, forse; era diritto e volontà ineluttabile della natura. Il suo sangue acceso, pieno di violento impeto, si sottometteva la sua ragione, le faceva dire così. Intanto al pianterreno dell'albergo le voci andavano spegnendosi. La porta di strada fu chiusa, passi pesanti suonarono sulle scale di legno, poi sopra il suo capo. Finalmente la casa si addormentò. Piero spense la candela.
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