La diagnosi era stata conforme a quella dei due medici curanti, la prognosi meno pessimista. Il pericolo era che al cader della febbre l'ammalata si spegnesse per esaurimento, ma il professore confidava nelle risorse di un organismo giovane e anche nei mezzi dell'arte. Egli aveva tenuto il suo discorso nel salottino attiguo alla camera dell'ammalata, rivolgendosi particolarmente alla persona che gli era stata presentata come il marito. Riuscì duro a Piero di sostenere quello sguardo, di accettare quella preferenza immeritata. Avrebbe voluto dire: "Parli a sua madre, io non son degno'. Neppure si credeva degno di mostrare la sua commozione vera; ne vergognava quasi come d'una ipocrisia. Il professore non intendeva ripartire prima di sera. In città si era subito saputo della sua venuta e tre o quattro richieste di consulti erano arrivate allo Stabilimento prima di lui. Piero desiderava che ritornasse da sua moglie, e uscì con esso dal salotto per dirglielo fuori, da solo a solo, con tutto quel fuoco d'affanno che sentiva in sè, che non avrebbe voluto mostrare agli altri. E lo supplicò di aprirgli la verità intera. Il professore l'aveva detta, non poteva che confermare le sue parole precedenti. "Speriamo, speriamo" diss'egli. "Vedo che lo meritano tanto tutti e due, poveretti." Piero strinse e scosse le mani, senza parlare, a quell'uomo buono che sempre più si persuase del proprio intuito, della diagnosi morale improvvisata così sui due piedi.
Verso le quattro del pomeriggio l'inferma dormiva, vegliata da sua madre.
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Piero Stabilimento Piero
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