Dopo che ci era stato il signore, non aveva fatto che pregare. Mentalmente, magari; ma si vedeva lo sforzo, povera creatura.
La marchesa osservò che in complesso la notte non era stata cattiva. Avrebbe voluto poter pigliare una messa, la mattina. La chiesa del villaggio era a due passi. A che ora si diceva la prima messa? Meglio non andare a quella di don Giuseppe, per non trovarsi fuori nello stesso tempo. La prima messa si diceva alle quattro e mezzo.
Nessuno trovava parole più, e si fece un silenzio penoso perchè ciascuno sentiva che il colloquio dell'inferma con don Giuseppe pareva lungo a tutti. La finestra, mal chiusa, si aperse a un soffio di vento, furono uditi i gridii confusi.
In quel momento il vecchio prete rientrò. Subito la suora si avviò a ripigliare il suo posto e la marchesa non potè trattenere un "dunque, don Giuseppe?", non potè interamente dissimulare, sul suo povero vecchio viso stanco, l'ansia dell'aspettazione. Don Giuseppe rispose tranquillo:
Niente, poveretta. Cose di pietà.
E che Le pare?
Oh, nessun cambiamento. Forse forse un po' di maggiore debolezza. Vorrebbe avere l'Estrema Unzione fra le sei e le sette, dice, perchè a quell'ora si sente sempre meglio. Questo non può che giovare, le ho detto di sì.
La marchesa fece sommessamente "sì". Nei grandi occhi gravi si dipinsero la riverenza del sacramento e la rassegnazione. Non disse più nulla, rimase per qualche momento immobile, accasciata; poi, per la prima volta, si asciugò gli occhi. Mosse in pari tempo verso quell'uscio e le sue spalle curve, il suo capo basso esprimevano il piegar mansueto di un dolore immenso ai voleri di Dio.
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