Se l'esperimento non venisse approvato dai consiglieri di don Giuseppe o non riuscisse, la sostanza mobile e stabile verrebbe divisa in lotti, che si assegnerebbero prima in usufrutto e, dopo un certo periodo di prova, in proprietà, a famiglie scelte di contadini. Quest'ultima disposizione era stata suggerita da don Giuseppe che solamente così si era indotto ad accettare la cessione e l'incarico di un esperimento nel quale non aveva fiducia. Se Piero non lo aveva ben fatto persuaso della opportunità di creare un tipo di associazione aperta, dentro i limiti del possibile, dove il capitale sociale fosse essenzialmente la terra, lo aveva però fatto persuaso, col tranquillo vigore del ragionare e con la gravità del contegno, che l'intelletto suo era ben solido e fermo.
Gliene aveva dimostrato l'acume sereno anche con lo scrupolo espressogli che questo suo disporre dei beni ceduti per date opere fosse un trattenerne indebitamente la proprietà ideale; ciò che in coscienza don Giuseppe non aveva potuto ammettere.
Mi perdoniuscì a dire il vecchio prete "se ardisco farle una domanda indiscreta. Nella Sua visione, c'era questa idea?"
Mai non si era accennato fra loro alla visione dopo il giorno doloroso e solenne. Nè don Giuseppe si era più avventurato a parlarne, nè Piero vi aveva alluso.
Nodiss'egli "quest'idea è frutto di un lungo lavoro mentale e si è ora come rinvigorita in me di sentimento cristiano perchè io penso che realmente la confisca della terra a beneficio di pochi sia una cosa ingiusta e che se si formassero dei nuclei così ordinati sarebbero elementi di risanamento sociale.
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