Entrò il custode con il pacco aperto. Era infatti una scatola di fiori sciolti. Accompagnava i fiori questa sola carta di visita:
CARLO DESSALLE.
Di Jeanne vi era l'anima; e i recisi, moribondi fiori, i ciclami odorosi dei boschi di Vena, i rhododendron di Rio Freddo, gli edelweiss di Picco Astore non dicevano che lei, l'amore, il dolore, la timida offerta, il silenzio di lei.
Piero lesse il biglietto, guardò i fiori, pensoso.
La carta è di suo fratellodiss'egli, dopo un breve silenzio. "Così Ella potrà presentarsi a villa Diedo per ringraziarlo in mio nome. Ma cerchi di vedere anche lei; meglio se la può vedere sola. Probabilmente questo sarà desiderato da lei stessa. Le dica che lascio i miei amici ma che spero di rivederli nella vita vera e che intanto domando loro perdono del male fatto ad essi, in qualunque modo. Le dica che uscito dal mondo pregherò particolarmente per qualche anima inferma di scetticismo, che, se ponesse in Dio l'amore posto in una creatura, diventerebbe sublime. Gliel'ho detto, don Giuseppe, che se il mio peccato mentale non è stato anche reale lo debbo a lei?"
Don Giuseppe taceva a capo chino, pensoso non di questo difficile colloquio con la signora Dessalle, ma del mistero nel quale Piero chiudeva le sue risoluzioni future. In quale Ordine religioso intendeva egli entrare? Anzi, entrerebbe egli in un Ordine o disporrebbe liberamente la sua vita? Come? Quando? Finalmente si alzarono ambedue, uscirono insieme dalla camera. Mentre si congedavano per la notte il custode chiese a don Giuseppe da parte del parroco d'Albogasio a quale ora desiderasse di celebrare l'indomani mattina.
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