Ed eccomi a dirne brevemente i criterii.
Prima di tutto ritorna anche qui sul frontispizio la frase, dell'uso moderno: definirò pertanto, meglio ch'io non facessi nella prefazione alla Grammatica, che cosa io intenda per uso moderno. Esso consiste, a mio avviso, in tutta quella parte della lingua, che, mentre si parla o s'intende almeno dal popolo medio di Toscana, ha anche a suo favore la grande maggioranza degli scrittori accurati, sì antichi come recenti. Il fondamento adunque dell'uso moderno io lo ripongo nel popolo toscano, ma la testimonianza definitiva, nell'accordo degli scrittori. Io stabilisco, quasi direi, una repubblica ben ordinata, in cui gli affari non si compiono contro i voleri del consiglio generale, ma si compiono per giudizio e decisione degli ottimati, i quali, fra i varii partiti non affatto dal popolo ripudiati, scelgono ed eseguiscono quelli che loro piacciono. Nè per queste due autorità ho inteso rinunziare alla ragione, la quale anzi mi ha più volte mosso a scegliere fra due maniere, autenticate ugualmente dall'uso, quella che avesse in suo favore la maggior logica o il miglior gusto. Chè una preferenza ho sempre cercato di stabilire, senza però mettere ad errore o passare sotto silenzio la maniera non preferita, quando era buona e in certi casi preferibile essa stessa.
Ho distribuito la trattazione in tre parti. La prima e più vasta (parte analitica) divide la costruzione secondo le varie forme del discorso, delle quali io esamino gli usi, ma in quanto a certe leggi concernenti il legame di esse con le altre parole, non in quanto a tutti i loro significati, perchè avrei invaso le ragioni del Vocabolario; chè se talvolta, come forse nel trattar de' pronomi, ho specificato troppo, mi è parso che una materia così formale, e così strettamente legata colle relazioni generali del pensiero, avesse nella Sintassi un'importanza tutta speciale sopra le altre.
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