Si adoperano quindi necessariamente:
quando si vuol richiamare l'attenzione d'una persona, a cui rivolgiamo il discorso in forma non imperativa;
quando il soggetto deve distinguersi da altre persone o contrapporsi loro in qualche modo;
quando la persona di un tempo del verbo è uguale ad un'altra, onde potrebbe venirne equivoco; come può accadere nell'imperf. indicativo e nel presente del soggiuntivo;
avanti ad un verbo tolto per ellissi.
Esempii misti: Ah! Renzo, Renzo! tu mi guasti il benefizio. Con che cosa mi vieni fuori? m'hai fatto andar via il buon umore? Manzoni. - Fa bisogno di queste cose? tu mi conosci. Manzoni. - Chiacchiere! la finirò io: io la finirò, interruppe Renzo. Manzoni. - Voi credete Forse che siamo sperti d'esto (questo) loco; Ma noi sem (siamo) peregrin come voi sete. Dante. - Io ricco, io sano, io bella donna, assai figliuoli, grande famiglia. Passavanti. - Voi mentite ch'io sia vile. Manzoni. - Vi tornò .... il seguente dì con altrettanto pane arrostito e con altrettanta vernaccia, e così il tenne più giorni (l'abate); tantochè egli (Ghino) s'accorse l'abate aver mangiato fave secche, le quali egli studiosamente e di nascosto portate v'aveva e lasciate. Boccaccio. - Se tu vuoi farmi un piccolo servizio, io te ne voglio fare uno grande. Manzoni.
§ 12. USO DELLE PROCLITICHE. Negli altri casi o si tace il pronome, o si mettono, com'è solito specialmente nel parlar vivo di Firenze, le proclitiche gli, e', la, le: p. es. Noi come servi ingrati la benignità di Dio usiamo male, e prendiamo sicurtà di offenderlo, perchè gli è buono.
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Renzo Renzo Ghino Firenze Dio
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