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      Varchi.
      Il me, il mio me, a maniera di nome, invece di la mia persona, il mio interno. Indarno in me l'antico me cercai. Filicaja. - Ho deliberato nel mio me di non mangiare senza costo. Papin. Burchiello. È frequente il dire un altro me, p. es. Costui è un altro me, cioè simile in tutto a me.
      Quell'io con più forza che io. Quell'io che già tra selve e tra pastori Di Titiro sonai l'umil sampogna. Caro. - Quell'io che sì difficilmente piange proruppi in lagrime. Alfieri.
      Invece di me, te, lui ecc. si adopera talora in un senso più complessivo la circonlocuzione il fatto mio, tuo, suo, o i fatti miei, tuoi, suoi ecc. Noi abbiamo de' fatti suoi pessimo partito alle mani. Boccaccio. - Come se egli (Dio) avesse bisogno de' fatti nostri. Segneri. - La qual lettera dovette in guisa appiccarsi con quella voce, che anche poi, dove bisogno non era del fatto suo, se le rimase addosso. Salviati. - Male starebbe il fatto nostro (cioè, male staremmo noi). Cavalca.
      Con meco, con teco, con seco sono forme da usarsi di rado in prosa. Pianger sentii fra il sonno i miei figliuoli Ch'eran con meco. Dante. - Spero d'avere ancora assai buon tempo con teco. Boccaccio. - E con seco menò la sua donna. Boccaccio. Forme erronee: seco lui, seco lei, seco loro.
      Quanto a noi usato per io, ed a voi ed ella invece di tu, vedi, più oltre, il capitolo dove si tratta delle persone del verbo.
     
      § 17. PRONOMI PERSONALI RIFERITI A COSA. I pronomi personali nella forma assoluta non si debbono regolarmente riferire ad altro che a persona od a cosa personificata.


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Sintassi italiana nell'uso moderno
di Raffaello Fornaciari
Sansoni Firenze Editore
1881 pagine 500

   





Di Titiro Dio