Bembo.
§ 9. TUTTO nel singolare indica una totalità intera: nel plurale una totalità collettiva, ma differente da ogni, perchè esprime direttamente l'insieme di più cose; p. es. Tutti gli uomini tendono alla felicità, differisce da ogni uomo tende alla felicità (cioè ognuno degli uomini).
Come aggettivo, non prende mai l'articolo, ma richiede che lo abbia il nome, quando sia di tal natura da doverlo avere: Mettendo in opera tutta la sua pratica, tutta la sua pazienza, tutta la sua destrezza, gli riuscì di fare il conto con Renzo. Manzoni. - Non è dubbio che tutto l'esercito del duca poteva esser rotto. Gelli. - Quando anche tutti i sassolini fossero neri.... vorrebbero potercene aggiungere. Leopardi.
Come sostantivo, pur senza articolo, in numero plurale: Tutti sopra la verde erba si posero in cerchio a sedere. Boccaccio. - Da compassione vinte (le damigelle) tutte piangevano. Assolutamente usato, nel maschile vale tutti gli uomini; p. es. Tutti amano il bene, ma pochi lo seguitano.
In senso neutro: Quel savio gentil che tutto seppe. Dante. - Uno finisce troppo le parti a una a una, e poi nel tutto e nell'insieme è infelice. Prose Fiorentine. - Certamente è una buona cosa sì nel tutto come nelle sue parti. Filicaja. - Spesso si premette ai pronomi dimostrativi questo, quello, ciò: tutto questo, tutto ciò.
§ 10. Avverbialmente usato, prende il senso di affatto, interamente, ma si accorda in genere e numero col nome o pronome. Il famiglio trovò la gentil giovine tutta timida star nascosa.
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Mettendo Renzo Fiorentine
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