P. es. mi sono vestito, costoro si sono odiati, egli si era spaventato, mi sono abboccato con alcuno, mi sono adirato, tu ti sei ricordato o dimenticato, si sono vergognate, mi sono messo il cappello in capo, tu ti sei guadagnato il pane, mi sono letto le rime del Petrarca.
Anche quando la particella riflessiva che accompagna un infinito dipendente, si accosta al verbo, da cui esso dipende, lo cangia in riflessivo, e muta avere in essere; p. es. ho cominciato a lamentarmi e mi sono cominciato a lamentare; non ho saputo valermi della vittoria, e non mi son saputo valere ecc. - Udì dire come s'era, per paura, gittato nel canale. Boccaccio. - Non si sono ancor favellati. Salviati. - Nella furia del menar le mani si sarebbero spesso ammazzati gli amici fra loro. V. Borghini. - Non si vuole, soffiato che tu ti sarai il naso, aprire il moccichino e guatarvi (guardarvi) dentro. Casa. - Mosse guerra a Carlo V per cacciarlo dello Stato di Milano che pochi anni innanzi si era usurpato. Segni. - Mi sono dovuto convincere (ho dovuto convincermi) Rosini. - Vi siete fatto tagliare il ciuffo (avete fatto ecc.). Manzoni. - Lì c'era una taverna che si sarebbe anche potuta chiamare un corpo di guardia (avrebbe potuto chiamarsi). Manzoni.
§ 8. Quando però le particelle riflessive sieno semplicemente termine indiretto di un verbo transitivo costrutto col suo oggetto, ed equivalgano alle forme a me, a te, a noi, ecc. allora in via d'eccezione si può adoperare anche avere, e ciò specialmente nel verso e nella nobile prosa.
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