Ariosto.
§ 21. AVERE ED ESSERE NON AUSILIARII. Vuolsi infine avvertire che non sempre avere od essere con un participio sono ausiliarii: spesso anzi il participio sta in posizione di predicato o di attributo rispetto ad un nome, ed ha valore di aggettivo; p. es. ho rotta la testa (cioè, ho la testa che è rotta). Poscia ch'io ebbi rotta la persona (il corpo) Di due punte mortali ecc. Dante. - Intorno al collo ebbe la corda avvinta. Petrarca. - Sono ammalato (come dire, sono infermo); sono adirato (come dire sono in collera); sono pentito (come dire, sono dolente); sono aggravato dagli anni (sono grave per gli anni) e tanti altri, che pajono costrutti passivi, mentre non sono che predicati nominali. Vedi il capitolo sul participio.
§ 22. AUSILIARII IMPROPRIAMENTE DETTI. Un'altra maniera d'ausiliarii sono que' verbi che, accompagnandosi coi gerundii o cogli infiniti presenti degli altri verbi, circoscrivono talora i tempi dei modi finiti.
Stare col gerundio indica azione continuata: Così stava io fantasticando (fantasticava) in una picciola selvetta. G. Gozzi. - Stava il cardinale discorrendo con D. Abbondio sugli affari della parrocchia. Manzoni;
coll'infinito indica azione intensa. Parecchi vecchietti stavansi quivi a sedere (sedevano) intorno a un deschetto. G. Gozzi. - Così dicesi stare a fare, stare a andare, stare a confondersi ecc. - Stiamo a vedere (vediamo) infino a oggi quel che fa Guido. Cecchi. - Io sto a vedere (guardo) se voi dite pur da vero. Cecchi. - È frase di maraviglia, molto frequente; p. es. sta a vedere (guarda un po') che non sarò più padrone in casa mia.
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Gozzi Abbondio Gozzi Guido
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