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      Dopo venia Demostene (cioè dopo i precedenti). Petrarca. - E l'occhio riposato intorno mossi (cioè intorno a me). Dante. - E la morte vien dietro a gran giornate (cioè dietro a me). Petrarca. - Sì come all'orlo dell'acqua d'un fosso Stan li ranocchi pur col muso fuori (cioè fuori dell'acqua) ecc. Dante. - I cittadini di Parma usciron fuori tutti armati (cioè fuori della città). G. Villani. - Andatosene alla cella, quella aprì ed entrò dentro (dentro la cella stessa). Boccaccio. - Vago già di cercar dentro e d'intorno La divina foresta ecc. (dentro di essa, e intorno ad essa). Dante.
     
      § 15. Anche le preposizioni invece e in cambio si possono usare come avverbii. Deve schivarsi ogni leggerezza ed affettazione, adottando invece una grave semplicità. Antoniano. - Risolvemmo abbandonarla (questa duplice traduzione) e di mettervi invece la derivazione diretta della parola. Accad. Crusca. - Il popolo piglierà esempio da voi di lasciar la chiesa e di andare in cambio chi a taverne, chi a trebbii. Segneri. - Dicesi anche: in quella vece, in quel cambio oppure in vece di ciò, in cambio di ciò.
      Così pure fino e perfino (più di rado sino, persino, insino) si usano nel senso di anche. La prima regola del nostro mestiere è di non domandare i fatti degli altri: tantochè fin le nostre donne non son curiose. Manzoni. - Perfino gli adorati cavalli furono da me trascurati. Alfieri.
      Fino a, insino a trovansi usati avverbialmente: Per qualche tempo fino all'are di Giove ne rimarranno solitarie e deserte.


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Sintassi italiana nell'uso moderno
di Raffaello Fornaciari
Sansoni Firenze Editore
1881 pagine 500

   





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