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      Alfieri. - Quindi si adopera dopo i verbi che significano aspirare, tendere, dedicarsi ecc. e col verbo condannare ecc. per indicare la pena: condannare alla carcere, all'esiglio, a morte.
      Anche in segna lo scopo o la destinazione nelle frasi dare, offrire q. c. in dono, in premio ecc. parlare in lode, in difesa, in favore; chiamare qualcuno in ajuto; mettere q. c. in pegno, mandare un biglietto in risposta e molte altre somiglianti. Confronta quello che dicemmo di in, a, per col predicato nominale (Parte II, cap. I, § 16).
     
      § 20. INTERESSE. Al complemento di scopo è assai affine quello d'interesse, che consiste nella cosa e, più spesso, nella persona, a cui danno o vantaggio comecchessia torna l'azione espressa dal verbo. In modo più determinato e particolare l'interesse si esprime colla prep. per; p. es. fare una cosa per alcuno, parlare per (cioè in favore di) ecc. tener per alcuno (cioè tener le parti di alcuno, favorire alcuno), temere, godere per alcuno ecc. Io farei per Corrado ogni cosa ch'io potessi. Boccaccio. - Non fa per te di star fra gente allegra. Petrarca.
      Le particelle pronominali mi, ti, si ecc. unite coi verbi hanno spesso forza d'interesse e valgono per me, per te, per se. Disse Bruno: io ti spierò (spierò per te, a tuo pro) chi ella è. Boccaccio. Quindi servono a rafforzare il verbo, comunicandogli un senso d'intensità (vedi P. I, cap. XXIII, § 2 e 3).
      A questo capo si riferiscono pure i modi simili si seguenti. Le parole che dice un povero figliuolo, te le inchiodano (quasi per te, in tuo danno) sulla carta.


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Sintassi italiana nell'uso moderno
di Raffaello Fornaciari
Sansoni Firenze Editore
1881 pagine 500

   





Corrado Bruno