), eleggere alcuno per imperatore. (Vedi P. II, cap. I, § 16). - Nei quali casi il complemento diviene predicato nominale (vedi loc. cit.).
§ 36. COMPARAZIONE. Dopo più, meno, meglio, peggio, maggiore, minore, migliore, peggiore ecc. il termine di confronto si costruisce ora con di ora con che.
Si usa oggi più comunemente di (ma talora anche che) quando il confronto cade sopra una qualità (aggettivo) o un modo di essere (avverbio) comune, benchè in grado diverso, a due o più cose; p. es. Roma è più grande di Firenze. Pietro legge più presto di suo fratello. Quindi si dice migliore, maggiore ecc. di alcuno e non migliore che ecc.
Si usa anche di innanzi ai nomi di numero: più di mille, meno di cento. Più di due miglia lontano era la villa d'un ricchissimo gentiluomo. Caro.
Si usa più regolarmente che (ma spesso anche di) quando il confronto cade sopra un'azione (verbo) dalla quale le due o più cose dipendono come soggetti od oggetti, p. es. mi piace più la carne che il pesce; amo più te che lui (anche del pesce, di lui).
§ 37. Si adopera sempre che nei seguenti casi:
quando il termine di confronto è retto da una preposizione. Pensoso più d'altrui che di sè stesso. Petrarca;
quando è un sostantivo comune preso in senso indeterminato e usato senza articolo. D'intenerire il cor si dava il vanto Se stato fosse più duro che pietra. (Ovvero d'una pietra). Ariosto. - I dì miei più correnti che saetta Sonsene (se ne sono) andati. Petrarca. - Non più bevve del fiume acqua che sangue. Petrarca;
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Vedi P Firenze Sonsene
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