§ 9. PRONOMI. Circa i pronomi, quando sono usati come aggettivi, valgono le regole seguenti.
I possessivi possono stare, per regola generale, avanti o dopo il sostantivo, secondo che il senso o l'orecchio amano meglio; p. es. il mio amico, l'amico mio (L'amico mio e non della ventura. Dante). - Saluti cordialmente in mio nome il sig. Bonomo. Redi. - Quando ottenga questa grazia per opera sua. Caro. - Se il sostantivo è preceduto da aggettivi, i possessivi ora precedono tutta la locuzione, ora la susseguono, e talora si frappongono tra l'una e l'altra parola. Che dirà il mio signor Antonio? Tasso. - Non è più tempo ch'io parli della mia ostinata fortuna. Tasso. - Ella ha lodati quei due miei sonettucciacci. Redi. - Ho ricevuto una soavissima lettera vostra. Algarotti.
Con più sostantivi il pronome si suole più comunemente posporre accordandolo in genere e numero coll'ultimo. Stimando tanto .... la rarità dell'ingegno e del giudicio suo. Caro. - Mi si è fatto conoscere per degno del testimonio e dell'amicizia vostra. Caro.
§ 10. Rivolgendo il discorso ad alcuno, il possessivo si pospone regolarmente, quando il sostantivo non è preceduto da aggettivi; altrimenti, si può posporre o anteporre. Quindi per regola generale deve dirsi Dio mio, padre mio, figlio mio, Pietro mio, Giordani mio, signor mio, e non viceversa mio Dio, mio padre ecc. che (quantunque non manchino di esempii) puzzerebbero di francesismo. Al contrario sarà ben detto dolcissimo amico mio, carissimo padre mio; ma anche mio caro signore, mio dolcissimo amico.
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Antonio Dio Pietro Giordani Dio
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