L'arte allora è più bella e più opera, quando non si conosce. Caro.
§ 14. I verbi ausiliarii che formano i tempi composti (vedi P. I, cap. XVI), si antepongono sempre al respettivo participio; p. es. ho parlato, mi sono ferito, sono lodato, sono stato biasimato. Si possono interporre fra l'uno e l'altro avverbii e frasi avverbiali, purchè non debban esser messi in molto rilievo. - Un espresso fastidio dell'esser loro li aveva universalmente occupati. Leopardi. - Fu per questi provvedimenti di Giove ricreato ed eretto l'animo degli uomini. Boccaccio. - Non senza maraviglia ho più volte considerato ecc. Castiglione.
Quanto alla inserzione di altre parole fra l'ausiliare ed il participio, vedi il capitolo seguente.
Nella poesia è lecito anteporre il participio. Infino ad ora Combattuto hanno, e non pure una volta. Petrarca. - Simile fatto sono al pellicano. Ariosto. - Siede la terra, dove nata fui. Dante. - Presso alcuni antichi, questa inversione era frequente anche in prosa. Come fatto fu il dì chiaro ecc. Boccaccio. - Nè potè ella, poichè veduto l'ebbe, appena dire, Domine ajutami ecc. Boccaccio.
§ 15. INFINITO. L'infinito si pospone a quel modo finito o infinito, da cui dipende; p. es. voglio scrivere, cominciò a parlare, propose di partire ecc., eccettuato il caso che l'infinito dovesse mettersi in particolar rilievo; p. es. scrivere non voglio, voglio leggere.
Nella poesia si può fare l'inversione. A pena è viva e di morir propose. Tasso. - Gli atti ch'ivi Mirar farieno ogn'ingegno sottile.
| |
Giove Combattuto Domine Mirar
|