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      - Dubito che lo finirei di schiacciare. Leopardi.
      L'infinito dipendente da vedere, udire, sentire, fare, lasciare, regolarmente respinge la particella accanto a tali verbi; p. es. ti sento parlare (e non sento parlarti), ti lascio battere (e non lascio batterti).
     
      § 18. Di più particelle pronominali che si trovino insieme presso un verbo, quella che corrisponde ad un complemento d'interesse (mi, ti, gli ecc. = a me, a te, a lui) si colloca prima; e le si pospone quella che corrisponde ad un oggetto (lo, la ecc. = quello, quella ecc.) Secondo le norme date nella Grammatica (Gramm. P. I, cap. XIII, § 6), l'i finale delle particelle poste innanzi alle forme comincianti da l (lo, la ecc.) e alla ne avverbiale (vedi § seg.) si cangia in e, e le particelle, quando vanno posposte, si appiccano tutte e due al verbo. Benchè ve lo vediate presente .... non dubitate di cicalare. Segneri. - Non ci si offerisce modo alcuno di poter mettere questa cosa ad effetto. Firenzuola. - Se tu me le levassi, verrebbero dell'altre (mosche) assetate. Caro. - Non ti si può dare misura alcuna certa. Adriani il G. - Promise all'omicida ogni sicurezza e gliela mantenne. Segneri. - Quando la cosa è brutta, ci s'insegna che fuggiamo la propria voce che la significa. Caro.
     
      § 19. Delle particelle avverbiali ne, ci, vi accozzate colle pronominali o con sè stesse, ne piglia l'ultimo posto, ci sta dopo mi, ti e vi pronominale, ma sta davanti a si e alle forme comincianti da l (lo, la, li, le); vi sta dopo mi, ma sta davanti a ti, si, ci, lo, la, li, le.


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Sintassi italiana nell'uso moderno
di Raffaello Fornaciari
Sansoni Firenze Editore
1881 pagine 500

   





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