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      IX. Qua e colà ci fa intendere come avesse cagione di nodrire aspettative spesso lusingate e sempre deluse:
     
      E mi conforta, e dice che non fueMai, com'or, presso a quel ch'i' bramo e spero.
      Io, che talor menzogna, e talor veroHo ritrovato le parole sue,
      Non so s'il creda, e vivomi intra due.
     
      Pure nè da tali passi è lieve appurare quali fossero i veri sensi di Laura; e parrebbe che l'ardore delle brame inducesse il Petrarca ad inferire da qualche scaltra o tenera occhiata una promessa, che però non isfuggì mai dal labbro di lei.
      Uno de' suoi sonetti sarebbe egregio tema a un artista, onde rappresentare il Petrarca in atto di pigliar licenza da Laura per lungo tempo. Il costei volto cuopre l'usato velo: modestia, elevazione di mente, tenerezza, melanconia, mistero e civetteria sono così frammiste da non lasciare scorgere distintamente lo stato reale del suo cuore; - laddove nel viso dell'amante suo predomina l'estasi della passione e la intensità dell'illusione, come se leggesse chiaramente negli occhi di Laura sentimenti invisibili a tutti i circostanti:
     
      Quel vago impallidir che 'l dolce risoD'un'amorosa nebbia ricoperse,
      Con tanta maestade al cor s'offerse,
      Che gli si fece incontro a mezzo 'l viso.
      Conobbi allor sì come in paradisoVede l'un l'altro; in tal guisa s'aperse
      Quel pietoso pensier, ch'altri non scerse;
      Ma vidil'io, ch' altrove non m'affiso.
      Ogni angelica vista, ogni atto umileChe giammai in donna, ov'amor fosse, apparve,
      Fôra uno sdegno a lato a quel ch'i' dico.
      Chinava a terra il bel guardo gentile,


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Saggi sopra il Petrarca
di Ugo Foscolo
Carabba Editore Lanciano
1928 pagine 139

   





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