Chè concordia era tal dell'altre cose,
Qual giunge amor, pur ch'onestate il tempre.
Fur quasi eguali in noi fiamme amorose,
Almen poi ch'io m'avvidi del tuo foco;
Ma l'un l'appalesò, l'altro l'ascose.
. . . . . . . . . . . .
Non è minor il duol perch'altri 'l prema,
Nè maggior per andarsi lamentando;
Per finzïon non cresce il ver nè scema.
Continuano essi questa conversazione, e il Petrarca si diffonde con alquanta compiacenza intorno al merito de' suoi versi, mentre Laura mal nasconde quella gelosia, la quale, sebbene muova direttamente dall'amor proprio e dall'invidia, viene sempre scambiata per l'effetto inseparabile del più profondo amore:
Duolmi ancor veramente ch'io non nacquiAlmen più presso al tuo fiorito nido:
Ma assai fu bel paese ond'io ti piacqui;
Che potea 'l cor, del qual sol io mi fido,
Volgersi altrove, a te essendo ignota;
Ond'io fôra men chiara e di men grido.
Questo no, rispos'io, perchè la rotaTerza del ciel m'alzava a tanto amore,
Ovunque fosse, stabile ed immota.
Or che si sia, diss'ella, i' n'ebbi onore,
Ch'ancor mi segue: ma per tuo dilettoTu non t'accorgi del fuggir dell'ore.
Allora il suo amante le chiese, se andrebbe molto, prima ch'ei potesse raggiugnerla.
Ella, già mossa, disse: al creder mio,
Tu stara' in terra senza me gran tempo.
Il Petrarca sopravvisse a Laura ventisei anni.
SAGGIOSOPRA LA POESIA DEL PETRARCA
Non ho se non quest'unaVia da celare il mio angoscioso pianto.
PETRARCA, p. I, Son. 81.
I. La visione dello spirito di Laura fu scritta, come raccogliesi dalla chiusa, allorchè il Petrarca era molto innanzi cogli anni.
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