Tali manoscritti sono monumenti curiosi, sebbene rechino poco aiuto ad esplorare per quale occulto lavoro la lunga e laboriosa meditazione del Petrarca avesse sparso ne' suoi versi tutto il nativo incanto di subita ed irresistibile inspirazione.
Ciò che seguita è traduzione letterale di una sequela di memorie in latino, poste in principio di uno de' suoi sonetti.
Cominciai questo per impulso del Signore (Domino jubente), il 10 settembre, all'alba del giorno, dopo le mie preci mattutine.
Converrà ch'io rifaccia da capo questi due versi, cantandoli (cantando), e ch'io ne inverta l'ordine: 3 ore a. m. 19 ottobre.
Questo mi piace (hoc placet): 30 ottobre, 10 ore del mattino.
No; questo non mi piace: 20 dicembre a sera.
E di mezzo alle correzioni scrive, deponendo la penna: "tornerò sopra questo; sono chiamato a cena."
18 febbraio, verso nona: ora questo va bene; nondimeno tornavi su un'altra volta (vide tamen adhuc).
Talvolta nota la città dove s'imbatte. - "1364, Veneris mane, 19 Jan. dum invitus Patavii ferior." - Potrebbe sembrare osservazione più curiosa che rilevante, l'essere stato generalmente in venerdì ch'ei davasi alla tediosa briga della correzione, se non sapessimo ancora ch'era per lui giorno di digiuno e di penitenza.
Quando alcun pensiero gli occorreva alla mente, ei lo notava in mezzo a' suoi versi così: "Bada a ciò. - Io aveva qualche intenzione di trasporre questi versi, e di fare che il primo divenisse l'ultimo; ma nol feci in grazia dell'armonia: - il primo allora sarebbe stato più sonoro, e l'ultimo meno, che è contro regola; perchè la fine dovrebbe essere più armoniosa che il principio.
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Petrarca Domino Veneris Jan Patavii
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