X. Uno di que' poeti in cui va unita la inspirazione a sobria e profonda conoscenza de' misteri dell'arte loro, ha notato "che troviamo diletto nelle rappresentazioni della vita che il poeta ci fa, per l'amore appunto che portiamo alla vita stessa, e tutte le imitazioni di oggetti hanno un certo valore per la mente, come sembianze e ricordi di una vita peritura."(49) Il vero di tale osservazione e l'applicarla ad opere d'immaginazione si può intendere appieno da chiunque consideri, che l'amore alla vita muove dalla coscienza che abbiamo di esistere: - che sì fatta coscienza risulta dall'esercizio delle nostre facoltà: - che tal esercizio ci affatica e consuma: - che ad esso quindi opponiamo costante desiderio di riposo. Per tal modo possiamo spiegare il conflitto tra le nostre propensioni, vôlte ora alla irrequietezza e ora all'inerzia, dal quale avviene che tutti gli uomini più o manco sieno talora travagliati. Opino io che il moto e l'equilibrio delle facoltà mentali mantengansi in noi, come i battiti del cuore, da continua oscillazione dall'una all'opposta parte, e che, come prima questa cessa, cessi la vita. Sempre in traccia di riposo, per ciò stesso ci fugge sempre. Ove ci avvenga di trovarlo in un ozio assoluto, l'esistenza ci si rende noiosa, e gli è allora che tremiamo e al pensiero che la vita ci sfugge e all'appressarsi dell'unica tranquillità reale, la morte. Pur come il riposo perfetto delle facoltà ci fa stupidi, così la turbolenza violenta delle passioni ci affoga: - quindi la rappresentazione delle passioni altrui ne aggrada, facendoci consapevoli dell'esistenza con eccitamenti e non con tribolazioni, e ne apporta insieme i piaceri dell'agitazione e del riposo.
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